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Novembre 2012

Per la prima volta la Power WASP stampa porcellana. Stavamo collaudando il primo estrusore per materiali fluido-densi che abbiamo costruito, inseguendo il sogno della casa in argilla. Erano i primi passi, esistevamo da pochi mesi ma avevamo già le idee chiare. Scrivevamo:

“L’ugello dell’estrusore utilizzato per questa stampa è di 5mm, ne è stato utilizzato anche uno da 3mm, si sta lavorando sulla retraction e su un impasto meno liquido per aumentare le dimensioni delle forme ed evitare il collasso. Cogliamo l’occasione  per ringraziare il Professor De Nicolò dell’ISIA di Faenza, esperto ricercatore nel settore della ceramica, fa parte del team wasp e ha ideato l’impasto utilizzato, continua la ricerca e sperimentazione in laboratorio.

Il prossimo step sarà utilizzare il delta per la stampa, un modellino di una casa, una serie limitata di vasi.”

Sono passati due anni e mezzo da quando Nicola e Lorenzo hanno dato forma ad una casetta di terra utilizzando il primo estrusore a siringa , ricavato da una siringa per silicone comperata al LIDL.

Ricordiamo bene le mille informazioni che ci arrivavano da ogni esperimento e da ogni fallimento, e ora, con il senno di poi, è tutto molto più semplice, sappiamo quali sono i parametri da valutare: pressione, fluidità, cambio di stato della materia, attriti e dinamica dei fluidi erano rappresentati in quegli esperimenti, dietro l’angolo stavano comportamenti non newtoniani.

La prima siringa costruita funzionava benone, aveva il limite di pesare circa un kg ,e, per questo, di rallentare notevolmente la velocità di stampa. Un altro limite di questo sistema era che l’ugello più piccolo utilizzabile doveva corrispondere ad un diametro 3 mm. La siringa doveva essere caricata senza bolle d’aria: tutto ciò era estremamente complesso e molto spesso ci si accorgeva della presenza di una bolla solo quando rovinava il pezzo.

Marzo 2013

Sei mesi dopo stavamo già stampando con una prima versione di Delta WASP alcuni prototipi di case.

Aprile 2013

Dopo meno di un mese e molte prove i risultati e la tecnologia sono visibilmente migliorati.

“La ricerca sull’estrusione di materiale argilloso continua.

Mirco Denicolò, professionista nel campo della sperimentazione ceramica, porta avanti il suo percorso di messa a punto sull’impasto e contemporaneamente il team si applica sui parametri di stampa, ecco i risultati delle ultime prove:”

Maggio 2013

Per circa un anno e mezzo la sperimentazione è andata avanti con la siringa, attenti a quello che succedeva sul web. Le scuole erano 2: c’era chi usava stepper e siringhe e chi usava aria compressa.

“Cotti, obbiettivo raggiunto come promesso.

Ultimi aggiornamenti sulle attività di laboratorio, la stampa 3d di materiale ceramico deve passare ora da sperimentazione a progettazione.

Risultati interessanti per quanto riguarda dimensioni e forme, i pezzi dimostrano non aver problemi in prima cottura.

Come vedete in galley un’oggetto è stato addirittura smaltato, affrontando necessariamente una seconda cottura.”

Settembre 2013

La BigDelta – una prima versione alta circa 3m – stampa per la prima volta argilla. Ecco il video:

“Adesso il modello di 3D printer che abbiamo, che si struttura su 3 assi verticali, è un prototipo di 3 metri di altezza, ma si presta ad essere replicato su grandi dimensioni”

15 Settembre 2014

Ci ritroviamo alla Biennale di Marrakech con la nostra BigDelta, e, dopo aver letto un depliant che illustrava la città di Ait Ben Haddou, patrimonio dell’Unesco, come esempio di architettura ancestrale, abbiamo deciso di recarci lì, in un dedalo di case in argilla, proprio ciò che faceva al caso nostro. Alì, il nostro autista, ci ha raccontato che nel deserto le abitazioni sono costruite con l’argilla e che la tradizione berbera vuole che in occasione di un matrimonio gli sposi scelgano il colore della terra da utilizzare per erigere la propria casa futura, argilla rossa o verde.

“Così siamo stati guidati tra gli alti muri di terra di Ait Ben Haddou, stagliati su un azzurro a perdita d’occhio. L’impatto è stato fortissimo. Alì ci ha spiegato che le case che stavamo guardando non hanno bisogno di nessun tipo di ristrutturazione se non l’aggiunta di due centimetri di terra sui muri esterni ogni cinque anni. Questo, nel clima continentale e molto piovoso del cuore del Marocco, che ci ha offerto l’occasione di confrontarci quindi con il problema di lavamento, di condizioni atmosferiche anche difficili. Alle nostre spalle, meravigliose montagne innevate. Stiamo già pensando a quale sia l’additivo per ovviare al problema della pioggia ed evitare queste aggiunte di terra periodiche, prendendo ispirazione dalla tradizione cerchiamo la soluzione tecnologica ad un problema antico.”

17 Settembre 2014

L’esigenza di stampare case non ci permetteva di accontentarci di una siringa da 300ml, per questo motivo abbiamo inserito il materiale in una siringona da 3 kg ed iniziato il lavoro con l’aria compressa presentando il primo estrusore per ceramica ad Argillà, la manifestazione dedicata all’argilla che si tiene a Faenza.

Per fortuna la manifestazione si tiene in estate e il sole ha contribuito alla buona riuscita dei pezzi (assieme ad un buon numero di ventilatori). Il problema era sempre lo stesso: fare seccare il materiale in fretta. Si metteva una buona quantità di acqua e alcool, si teneva il tubo il più corto possibile e si facevano delle palline di argilla con le mani lanciandole sul fondo del serbatoio in modo che non rimanesse aria intrappolata, poi s’iniziava la stampa.

Non ricordo chi fu ad avere la folgorante idea di tenere uno spillo a portata di mano e forare il tubo prima della bolla per permettere all’aria di uscire ed evitare che quella bolla rovinasse ore di stampa!

La siringa era di alluminio tornito e collaudata a 40 bar, quindi si poteva spingere al massimo il compressore (12 bar). Il tubo che collegava il serbatoio alla punta dell’estrusore era in nylon, ma quando cambiandolo con un tubo di teflon ci accorgemmo che potevamo lavorare con la metà della pressione cominciammo a capire le mille variabili in gioco.

Tra i consigli che ci sono arrivati dai grandi maestri ceramisti della zona presenti per questa occasione c’era anche l’uso della Chamot, una componente che si aggiunge solitamente ad alcuni impasti per renderli più magri, rendendo però impossibile la tornitura a mano.  L’estrusione della Chamot, perfetta per le stampanti 3D ci ha consentito di realizzare dei pezzi dello spessore di 2 mm alti fino a 70 cm, ed abbiamo ragione di pensare che fossero i pezzi più grandi al mondo in argilla prodotti con una stampante 3D.

Gli organizzatori ci hanno offerto la possibilità di lavorare in quei giorni al fianco di Jonathan Keep, un artista inglese di fama internazionale, maestro ceramista che utilizza già da tempo la stampa 3D  per le proprie produzioni, partendo dai suoni dell’ambiente circostante, dal codice numerico nascosto sotteso ad ogni elemento naturale. Ovviamente il suo approccio innovativo e sensibile ad un’arte tanto antica ci ha immediatamente conquistati.

Prima del nostro incontro c’era stato un contatto telefonico durante il quale avevamo deciso di realizzare insieme alcuni pezzi di dimensioni importanti. La sperimentazione in diretta sul campo è tipica dell’approccio Wasp, non sapevamo che cosa saremmo riusciti a fare. A tal proposito sono stati molto importanti i contribuiti e i consigli dei maestri ceramisti presenti al festival che ci hanno enormemente arricchiti e aiutati, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci con veri e propri guru della ceramica che conoscono migliaia di argille.

15 Ottobre 2014

Scrivevamo:

E’ da qualche mese che stampiamo argilla con un estrusore a pressione. Il bello dell’argilla è che è un materiale che si può rimpastare, riutilizzare, lavorare anche dopo la stampa, e, come abbiamo già ribadito, consente al pezzo di avere un valore di mercato e un uso nel quotidiano.

L’estrusore a pressione non consentiva però di interrompere il flusso, così ne abbiamo elaborato un altro: lavora con una coclea, che potrebbe essere il corrispettivo del tirafili utilizzato con il PLA, e della stampa di materiali plastici conserva le modalità di retrazione, interruzione e gestione del deposito di micro-quantità di materiale.

Ci stiamo preparando a Parigi, per questa ragione abbiamo pensato di stampare il busto di Napoleone con il nuovo estrusore per la stampa ceramica, che può arrivare fino a 0,35 mm. I primi risultati di stampa ottenuti ci avevano esaltati, ma nel corso della settimana ci siamo accorti che erano solo un buon punto di partenza per una serie di miglioramenti progressivi, veloci. Potete vedere nelle foto sottostanti la differenza tra il primo busto stampato e l’ultimo. A separare i due, solo qualche giorno e tanto lavoro.

Napoleone diceva “Ogni giorno perso è una possibilità di sventura per il futuro”.

Perchè non era stato detto, ma oltre al problema delle bolle, del collasso e della quantità limitata di materiale, c’era anche il problema dell’interruzione del flusso. Con gli estrusori usati fino ad allora in tutto il mondo non si poteva interrompere il flusso del materiale con precisione, quindi si potevano fare vasi e bicchieri ma non forme complesse come le gambe di un tavolo.

Furono proprio quattro gambe di un tavolo le prime forma fatta, una giornata felice e piena di entusiasmo fu quella che ci vide stampare   quattro colonnette quadrate.

Peccato che dopo poche ore di stampa la vite era realmente finita, per non parlare della camera di estrusione mangiata dall’azione della Chamot sulle pareti.

Da allora quasi un anno di prove e modifiche fino ad arrivare all’estrusore che presentiamo qui oggi.

E le bolle? Delle bolle d’aria non c’è più traccia, a volte le cose si risolvono da sole. Noi non ci avevamo neppure pensato, ma quando una bolla entra nella vite, sfiata verso l’alto e non riesce ad arrivare in punta.

Maggio 2015

Liquid Deposit Modelling ovvero modellazione per deposizione di materiali allo stato liquido. Dopo quasi un anno di prove e modifiche siamo arrivati all’estrusore che presentiamo qui oggi e che garantisce controllo, precisione e interruzione del flusso.

 

1-2 L’ago è la parte che determina la dimensione di uscita del materiale. Per scegliere quello più adeguato occorre tenere presente che questo deve avere un diametro di uscita pari a 2 o 3 volte le dimensioni della particella più grossa presente all’interno del materiale da stampare. E’ importante che un sistema si possa pulire rapidamente e che altrettanto rapidamente l’ago si possa cambiare: per questo motivo abbiamo utilizzato aghi commerciali connessi ad una siringa comune. Sono da evitare tutti gli aghi che non anno l’innesto a vite sul fondo, senza il quale verrebbero sicuramente sparati fuori dalla pressione.

3 Utilizziamo la parte finale di una siringa commerciale di cui noi utilizziamo solo la parte finale e che abbiamo raccordato con un corpo in nylon massiccio tornito.

4 Abbiamo inserito una guarnizione in gomma, il corpo in nylon tornito è la camera di estrusione dove il materiale entra attraverso un raccordo per aria compressa, avvitato sulla camera stessa.

 

5 La camera così costruita può essere agevolmente cambiata se si usura nel tempo, al suo interno gira la vite.

6 Anche la vite si può agevolmente cambiare, sulla testa della camera c’è un cuscinetto.

7 Il cuscinetto tiene la vite in guida ed evita la fuoriuscita del materiale da sopra.

 

8-10 L’estrusore è inserito all’interno di un pezzo stampato, decine di forme sono state fatte per arrivare a quella definitiva, composta da un pezzo che si apre in due e dove il tappo finale, che viene avvitato, permette la rapida estrazione della camera di estrusione.

12 Tutto il sistema è alimentato da un tubo di teflon. Il tubo, con diametro interno di 12 mm, deve essere di teflon per vitare attriti sulle superfici. Per il medesimo motivo il diametro deve essere di almeno 12 mm. Due raccordi rapidi fissano il tubo sull’estrusore e sul serbatoio.

13-15 Il serbatoio è composto da un tubo di alluminio tornito chiuso da due tappi di alluminio.

14 All’interno del tappo una guarnizione di gomma permette la chiusura completa del tubo.

16 All’interno del serbatoio è inserito un grosso pistone di nylon con due guarnizioni, il quale è indispensabile per la fuoriuscita di tutto il materiale.

17 Sulla base serbatoio è collocata una valvola di sicurezza tarata attorno agli 8 bar. Se si avvitano completamente i tappi sul corpo del serbatoio, il pistone diviene a tutti gli effetti un recipiente sotto pressione.

 

18 Il pistone è alimentato tramite un riduttore di pressione, perché il sistema richiede questa sia costante e predeterminata. Se si usa un compressore solo per alimentare questo sistema il regolatore non serve, ma, nel caso in cui il sistema fosse alimentato da una rete ad aria compressa connessa ad altri apparati, si dovrebbe necessariamente utilizzare il riduttore di pressione e la rete dovrebbe fornire almeno un paio di bar in più rispetto a quelli utilizzati per permettere l’estrusione del materiale.

20 Sull’alimentazione è inserita una valvola di non ritorno per evitare che l’aria possa ritornare indietro dal pistone verso il compressore nel caso di un calo di pressione del sistema di regolazione.

 

 

Giugno 2016

Kit Argilla 2.0 con LDM Wasp Extruder

WASP crea un Kit con estrusore, LDM (liquid deposition modeling) WASP Extruder, per stampare in 3d materiali ceramici e vi propone l’ultima versione aggiornata.

Innovazione:
– estrusore degasatore, evita le bolle d’aria nell’impasto
– controllo dell’estrusione con possibilità di retrazione
– moltiplicatore della pressione in uscita a vite fino a 40 bar

Il nuovo estrusore per materiali ceramici che può essere adattato e montato sulla gran parte delle stampanti esistenti in commercio.

Kit Argilla con LDM Wasp Extruder >>

 

Il nostro desiderio è quello di creare sistemi per sviluppare le capacità produttive ed espressive delle persone e favorire la nascita di nuove professioni.

 

Siamo sicuri che questo estrusore sia un ottimo strumento per riuscirci.

Benvenuti nell’artigianato digitale.

WASP team

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