Ait Ben Haddou. Ci siamo ritrovati qui con una pala ed un piccone a cercare terra buona per le nostre stampanti. L’idea è nata da un depliant che illustrava la città, patrimonio dell’Unesco, come esempio di architettura ancestrale: un dedalo di case in argilla, proprio ciò che faceva al caso nostro.

Alì, il nostro autista, ci ha raccontato che nel deserto le abitazioni sono costruite con l’argilla e che la tradizione berbera vuole che in occasione di un matrimonio gli sposi scelgano il colore della terra da utilizzare per erigere la propria casa futura, argilla rossa o verde.

Così siamo stati guidati tra gli alti muri di terra di Ait Ben Haddou, stagliati su un azzurro a perdita d’occhio. L’impatto è stato fortissimo. Alì ci ha spiegato che le case che stavamo guardando non hanno bisogno di nessun tipo di ristrutturazione se non l’aggiunta di due centimetri di terra sui muri esterni ogni cinque anni. Questo, nel clima continentale e molto piovoso del cuore del Marocco, che ci ha offerto l’occasione di confrontarci quindi con il problema di lavamento, di condizioni atmosferiche anche difficili. Alle nostre spalle, meravigliose montagne innevate. Stiamo già pensando a quale sia l’additivo per ovviare al problema della pioggia ed evitare queste aggiunte di terra periodiche, prendendo ispirazione dalla tradizione cerchiamo la soluzione tecnologica ad un problema antico.

Così è iniziato il nostro lavoro di raccolta della terra per fare l’impasto per la nostra Big Delta.  Armati di pala, setacci e sacchi. Gli strati di terreno erano multipli e di colori differenti. Quello trovato in superficie si è poi verificato troppo sabbioso per l’utilizzo che dovevamo farne, mentre lo strato immediatamente sottostante, sempre di colore rosso, era perfetto. La composizione di argilla e sabbia era nelle proporzioni giuste perché la prima drenasse l’acqua e la seconda facesse da collante, dando vita ad un impasto omogeneo e funzionale. Non a caso, era proprio il tipo di terra utilizzato dagli abitanti di Ait Ben Haddou per la costruzione delle loro case.La nota di costume è che il luogo dove abbiamo raccolto l’argilla era l’arena del film “Il gladiatore”, e così, col sorriso, anche noi, come il protagonista, abbiamo accolto una sfida su quel terreno.

Tornati a Marrakech, all’interno del Fab Lab temporaneo di African Fabbers con i ragazzi di Urban FabLab che ci hanno coinvolti nel progetto, è stato un incontro di mani e soprattutto di piedi, abbiamo impastato le diverse argille con acqua all’interno di tinozze di lamiera, calpestandole. Lavorare la materia prima in questo modo è stato un po’ rappresentativo della nostra idea: connettersi con la tradizione, prendere il meglio di ogni tecnologia,  vecchia o nuova che sia, e riutilizzarla per costruire un sogno.

Nel video, la Big Delta (vincitrice del Green Award al 3D Printing London Show 2013) all’opera nella stampa di geometrie generative ottenute tramite Grass Hopper con l’argilla di Ait Ben Haddou.