
Massimo Giacon è un artista sperimentatore di linguaggi. Conosciuto nel mondo innanzitutto come fumettista opera anche nel campo della musica, della pittura, della scultura, della performance e del design. Nella sua trentennale esplorazione artistica ha quindi utilizzato tanti tipi di materiali e tecniche senza fermarsi davanti agli strumenti offerti dal digitale. Da molti anni usa la tecnologia 3D, soprattutto per il lavoro di designer ma non solo.

– Massimo quale è stato il percorso che ti ha portato al 3D?
Il mio percorso di avvicinamento al 3D nasce da un’esigenza pratica. Ero stanco di perdere tempo con modellatori e ingegneri per dare forma alle mie idee per gli oggetti di design che ideavo per Alessi. Poi io avevo un approccio artistico e informale, e alla fine mi sono trovato bene con un programma 3D di sculpting come ZBrush, con una curva di apprendimento più vicina alla mia sensibilità.
– Da quando usi il 3D è cambiato qualcosa nel tuo modo di percepire la realtà?
Spesso non faccio nemmeno gli schizzi degli oggetti, ma mi metto a giocare con il 3D finché non ho tirato fuori qualcosa, in questo senso lo concepisco come un media a sé, e non come una trasposizione tridimensionale di disegni su carta.

– Ho sempre immaginato i tuoi disegni e i tuoi personaggi tridimensionali, già dagli inizi della tua carriera di fumettista, quando il 3d nemmeno si sapeva cosa fosse….
Forse oggi ho un atteggiamento ambivalente. Inizialmente cercavo di trasformare i disegni in 3D, poi ho capito che non funziona necessariamente così, ma che ci sono procedure nel 3D che possono essere sfalsate dalle idee che hai sulla carta, anzi che è lo stesso 3d che ti può dare delle idee.

Massimo Giacon – Ceramica per la Focara di Novoli
– Parlaci della tua ricerca di designer per Alessi.
Sono partito da idee semplici, ma leggermente inusuali, trasformando degli oggetti comuni in personaggi con qualcosa di malato (Mr. Suicide, Mr. Cold), ma poi ho cominciato a lavorare su molti oggetti considerati di No-design, come tutta la linea natalizia, o le bomboniere, cercando di togliere loro l’aura da oggetto kitsch per trasformarli in qualcosa di desiderabile e non in oggetti di cui un po’ ti vergogni.

– In che modo usi il 3D per i tuoi fumetti, illustrazioni o opere artistiche slegate dal design?
Per le illustrazioni li uso poco, se non inizialmente, trovo che molti illustratori potrebbero osare di più, ma a quanto pare molti preferiscono sbrodolare nel territorio fantasy e horror e produrre orchi e mostroni, mentre pochi sperimentano sul serio. Il 3D lo uso essenzialmente per il design e per le sculture in ceramica a tiratura limitata che produco per Superego.

– Quale è la tua esperienza nell’ambito della stampa 3D?
Alessi è stata un’azienda pioniera in questo, è stata tra le prime ad avere delle stampanti 3D professionali per la prototipazione. Le ho viste evolversi sempre di più fino a raggiungere i risultati impressionanti contemporanei, dove si possono stampare moduli o pezzi di dimensioni davvero ragguardevoli, e con dettagli impensabili fino a poco anni fa.

– Che tipo di sviluppo nel futuro ti piacerebbe avesse il linguaggio 3D e la tecnologia di stampa?
È un linguaggio in costante movimento, la sfida si gioca sui materiali, che un tempo erano molto limitanti, ma ora praticamente coprono tutto lo spettro del possibile. Sarebbe interessante lavorare con nuovi materiali come materiali soffici, cangianti e a memoria di forma, ma credo che ci si arriverà presto.

– Dal cibo agli abiti, dall’oggettistica d’uso quotidiano, alle case, è praticamente stampabile ogni cosa necessaria alla nostra vita. Le potenzialità sono immense e la tecnologia della stampa 3D si sta sempre più perfezionando. In questo momento, tu come artista come vorresti che la tecnologia della stampa 3D ti aiutasse, e che caratteristiche dovrebbe avere?
Naturalmente una possibilità sempre più a portata di tutte le tasche, una maggiore velocità e un sempre maggiore dettaglio. Queste sono le cose di base che chiedo per realizzare le mie idee, poi in rete vedo lavori interessantissimi, come stampe 3D che riescono a stampare l’errore digitale, come se la riproduzione fosse stata attraversata da una interferenza televisiva. Oggetti impossibili per le mani di un artigiano, quasi quanto la realizzazione tridimensionale di un’immagine di Escher.

